Cambia il Vento?
20 anni dopo la nascita di arte solidale.
“Abbiamo il diritto di chiedere dove vanno a finire le donazioni e il dovere di farlo nei confronti di chi vogliamo aiutare”
Valentina Furlanetto, “L’industria della carità”,
frase in evidenza a pagina 1 del libro, Edizioni chiare lettere, prima edizione gennaio 2013
“L’evoluzione produce figure nuove in tempi lunghi: cicale o fringuelli. L’esistenza ordinaria … produce quasi ogni minuto … portamenti, gesti, posture e movimenti. La vita cognitiva, anch’essa formatrice di figure, sintesi, somme inattese, più dolce, deriva da tutto ciò. L’ontogenesi prolunga e imita doppiamente la filogenesi.“
Michel Serres “Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente”
prima edizione originale francese 2015, prima edizione italiana Bollati Boringhieri 2016
PREMESSA
Cercherò di procedere con un minimo di ordine, ma siccome l’evento espositivo appena conclusosi a Sacile (che abbiamo realizzato grazie a Ilaria Bas, nel suo nuovo Spazio, Atelier indaco, il 27-28/05/2023) in me ha suscitato molte riflessioni e progetti in poco più di 24 ore, è improbabile che la mia scrittura (diversi articoli saranno dedicati a “CONTROCANTO”) risulti ordinata.
Inoltre, come si può evincere dalla citazione di Serres … sono mancino, lievemente zoppo, e un mancino zoppo è per natura ad andar bene un po’ disordinato. Avviso quindi chi legge di non farsi troppe illusioni, armarsi di pazienza, la lettura potrà essere divertente, ma difficilmente risulterà lineare. Più probabile che il percorso risulterà sconnesso e – in realtà, cosa forse auspicabile – lì per lì spiazzante.
Il che non credo sia un male, se si vuol guardare lo stesso tema, argomento, paesaggio, finalmente con nuovi occhi. Se mai, è richiesto un po’ di impegno nella lettura.
ARTE SOLIDALE 20 ANNI DOPO. GLI ARTISTI INTERESSATI, e CHIUNQUE CONDIVIDA, PASSINO PAROLA
Ho fondato con pochi amici un’associazione denominata Arte Solidale (Ar.So.) più di vent’anni fa, il 05/2/2001 dopo una personale fatta a Sacile all’ex chiesa di S.Gregorio, dal 7 al 15 dicembre 2001; ritengo che sia stato un gesto molto istintivo, per certi versi avventato: ero come tantissimi molto turbato due mesi dopo l’11 settembre 2001, i giornali avevano già ospitato le reazioni di “Rabbia e orgoglio”, le polemiche e gli slogan, dal “siamo tutti americani” al reiterato “niente sarà più come prima”. Tutte le frasi fatte sono discutibili e criticabili, ma che le cose cambino per via di traumi sociali globali è in buona parte vero, oggi persino scontato: niente può essere come prima del COV2, pandemia non ancora conclusa, le cui cause non sono del tutto chiare; e niente può essere come prima finché dura una guerra di tipo del tutto nuovo nel cuore dell’Eurasia; ma la mia scelta di fondare Arte solidale – oltre 20 anni fa – fu il risultato di un percorso personale avviato anni prima e non il risultato di un evento eclatante. Anche oggi 2023,le manifestazioni culturli paiono fin troppo lontane in troppi casi dai fatti globali di cronaca. Credo invece arte ed artisti risentano molto del clima e dello spirito di un tempo oppressivo, che incalza ponendo a qualsiasi cittadino interrogativi incalzanti, senza risposte.
La decisione di esporre soprattutto sculture nel 2001, fu compiuta con un intento poetico difficilmente esprimibile in modo diverso: ri-parlerò di questo nell’articolo n.2 della serie di articoli dedicata a “Controcanto” e al nuovo spazio artistico “Atelire Indaco” di Ilaria Bas.
L’intento poetico è ancora lo stesso, i motivi coerenti con la concezione della scultura, arte lenta, quasi senza tempo, come occasione di meditazione, di raccoglimento interiore. Questa stessa idea è di molti scultori, è stata molto ben espressa in brevi passaggi dei pochi scritti del grande scultore Rumeno, Constantin Brancusi. Per gli scultori, per le sculture – che interrogano chi le guarda restando mute, il Tempo è relativo. Lo spazio fisico stesso è una metafora dello spazio interiore.
L’associazione arte solidale costituisce oggi un discreto e da alcuni amici largamente previsto insuccesso, che con ingenua spavalderia io stesso misi in conto, sopravvalutando le mie energie e capacità. Può darsi che “il vento che cambia” modifichi le cose: un mio dipinto esposto il 27 e 28 maggio 2023 lo suggerisce ironicamente nel titolo: mi sono divertito ad esporre un dittico asimmetrico che può essere appeso per un verso, ma anche per il verso capovolto.
Questa scelta suggerisce solo che la lettura delle immagini sottende anche nel figurativo quel che discutibilmente si ritiene preroagativa di quadri astratti e del “concettuale”, un binomio a mio avviso fuorviante, tra i tanti propri dell’arte del ‘900. Un po’ di concettuale è sempre esistito e continua ad esistere in qualsiasi figurazione, non solo e a volte nemmeno tanto nell’astratto. La distinzione è pretestuosa.
Avevo all’epoca della mostra fondativa di arte solidale, dicembre 2001, in mente, e conservo in memoria, alcune frasi di Gandhi, e qualche nozione di storia umana ineludibile, circa lo sforzo di far della propria vita un’operad’arte – la frase è di Gandhi.
Per onorare i misteriosi legami che reggono le proprie convinzioni più ostinate, l’idea di una associazione in cui l’arte fosse completamente votata alla raccolta di fondi per compiere meglio azioni umanitarie, o almeno sostenere, sensibilizzare su azioni umanitarie, è rimasta. Mi sembra onori quel che è al suo miglior significato ogni opera d’arte genuina, un dono al genere umano. L’idea dell’arte come dono è oggi ovunque rivisitata dal business dell’umanitario, e chi come me non ha capitali di rischio non può che raccogliere poco oltre le proprie forze individuali, salvo eccezionali e improbabili colpi di fortuna. Ma si può continuare, e continuiamo.
E’ un avvertimento di Gandhi stesso pure d ricordare, qualsiasi idea e azione non violenta fallirà, a meno che non riesca a coinvolgere insieme molte, moltissime persone, preferibilmente tutte in una comunità. Lo stesso vale oggi per qualsiasi concezione dell’arte come dono, e senza dubbio per arte solidale. Tuttavia sembra ci siano nuove adesioni. Speriamo. La nonviolenza è potente, intelligente, ed è anche l’unica dimensione che consentirà prima o poi l’abolizione della guerra e delle armi nucleari, per cui anche in piccole cose quotidiane, apparentemente marginali, come la pittura e la scultura, credo vadano praticate.
Come ho dichiarato il 27/05 conservo l’interesse per la genesi grottesca, assurda, delle quotazioni folli di certe opere d’arte contemporanea: giudicare del valore formale e simbolico delle singole opere è non certo cosa semplice, ma nella pratica delle relazioni interne ai mercati e alle modalità espositive delle opere, sembra precluso, forse anche solo come ipotesi, il comprendere il valore delle opere al pubblico. Secondo me è vero il contrario, il pubblico può giudicare, lo fa già, e può essere in modo esplicito invitato a comprendere e a giudicare meglio.
La maggior parte delle persone anche alle mostre e ai musei si avvicinano timidamente all’arte e ritengono che giudicare del valore e del prezzo non sia un’opzione che appartiene loro. Invece io credo che sarebbe molto meglio se chi ha curiosità o passione per i musei e le mostre facesse lo sforzo di cambiare idea al riguardo, e cercherò in vari articoli di spiegare il perché.
La quotazione folle di alcune opere oggi dipende dal mercato (dal sistema mercato dell’arte contemporanea) ed è spiegabile solo constatando che esistono tali ricchezze in mano a singoli individui (collezionisti), da rendere qualsiasi prezzo un gioco di società, in piccola parte un perverso spreco di denaro come radice dell’ ansia di possedere cose, o di vincere una gara per l’accesso a pochi “status simbols”, con il riflesso esistenziale per cui uno “status symbol” conserva l’aura, al prezzo dell’indifferenza per la povertà. Questo sistema pieno di assurdità va contestato e può cambiare.
La pittura, la scultura o anche la fotografia autentiche sono molto distanti dal mercato che le sostiene, e l’aura, se persiste in alcune opere e nella capacità di alcuni artisti, non c’entra nulla col prezzo, né con i motivi determinanti per cui si fanno mostre, salvo rare eccezioni.
Anche la sagra dell’asparago è un evento culturale, ma con tutto il rispetto non molti eventi culturali arricchiscono culturalmente chi ne fruisce, e quelli che lo fanno vanno sostenuti meglio. “Controcanto” è stata, e rimane, una straordinaria eccezione – anche nel mio percorso artistico, come nella storia di Arte Solidale. E a prescindere da questo credo si sia trattato di una coincidenza, di un modo per rilanciare lo spirito dell’associazione, oggi che si può comunicare un progetto pluriennale con molta più facilità di 20 anni fa via web.
Le regole di Arte solidale sono semplici, si vedano qui nel sito: un’esposizione ha sempre l’obiettivo di approfondire il dialogo col pubblico; di stimolare una raccolta fondi per Progetto Susan, piccola ODV friulana che da 18 anni supporta con una propria visione e metodo una comunità in Burkina Faso, applicando regole di estrema saggezza, il miglioramento delle condizioni di vita e salute della comunità stessa, e anche di un gruppo consistente di immigrati africani regolarmente residenti in Friuli.
E’ ovvio che si tratti anche di vendere opere d’arte visiva, devolvere euro a Progetto Susan.
Meno ovvio è che il pool di libri, documenti, dipinti e sculture di Ar.So. Si sia accresciuto e sia comproprietà di tutti i soci.
Ancor meno ovvio è come si consolidi negli anni un rispetto dell’Africa che credo sia estremamente raro tra le ODV, ONG e simili; tutto questo è presente in Progetto Susan ed è notevole: è merito in grandissima parte di Andrea Cecchini, di sua moglie, di Dabre Bukare, un amico africano che insieme ad altri amici africani, con pazienza e capacità ha collaborato perché Progetto Susan procedesse con parsimonia, efficienza, buon senso, per 18 anni, nel difficile percorso che prosegue ancora, in un punto preciso del sub-Sahara.
-
[Per completezza, aggiungo qui alcune parole semplici dallo statuto Ar.So.:
… L’associazione non ha fini di lucro e persegue esclusivamente finalità di utilità sociale attraverso la promozione insieme dell’arte e della solidarietà. Gli scopi dell’associazione comprendono lo svolgimento di attività in campo culturale ed artistico quali: esposizioni, manifestazioni, in generale azioni di valorizzazione e fruizione di opere d’arte visiva, loro comodato d’uso e donazione per devolvere risorse economiche e informative verso progetti ed azioni umanitarie.
Per umanitarie s’intendono azioni di concreto aiuto ed azioni di promozione ed educazione all’aiuto, alla non violenza, al rispetto della vita e dei diritti umani fondamentali. A tal fine l’associazione svolge solo attività direttamente connesse a quelle istituzionali, o azioni ‘accessorie’ in quanto integrative di quelle istituzionali, di valorizzazione dell’arte e della solidarietà favorendo il coinvolgimento di persone, Enti o Istituzioni, pubbliche o private, che condividano le iniziative proposte. A tal fine inoltre l’associazione si propone di valorizzare le opere d’arte visiva non solo attraverso le vie tradizionali di fruizione, comodato d’uso e donazione di opere, ma anche, peculiarmente, attraverso la solidarietà stessa, cioè fissando per Statuto quanto segue: che a conclusione di ogni iniziativa espositiva intrapresa alcune delle opere (esposte o donate) divengano ciascuna comproprietà di tutti i soci, e che in seguito esse non siano poste in vendita, se non per decisione e facoltà unica del donatore originario, sia questi l’Autore dell’opera in eccezione o altra Persona o Ente che l’abbia donata ed abbia accettato di associarsi. Ad ogni occasione espositiva gli artisti partecipanti restano in diritto di confermare la loro volontà di donare, e ovviamente in diritto di svolgere in altri contesti le loro attività di artisti nei modi che ritengono. Il vincolo di Ar.So. È legato alle singole opere donate, mentre gli artisti donatori restano del tutto liberi come ovvio in ogni altro loro scelta creativa, produttiva, espositiva e commerciale personale]