Il mio grande Amico Diancine.
Storia di un gatto speciale I.
gli umani, disumani, e gli altri animali.
“L’albero che ad alcuni provoca lacrime di gioia, agli occhi di altri è solo una cosa verde che intralcia il cammino.”
William Blake
“Fino a pochissimo tempo fa si riteneva che il genere umano fosse l’unico possessore dell’intelligenza. … Non è così. Dai bonobo … alle taccole … alle api … agli alberi … Questo ci impone di riconsiderare non solo la nostra idea di intelligenza, ma anche la nostra idea di mondo. … L’idea di instaurare nuove relazioni con le intelligenze non umane è il tema centrale di questo libro. … Dobbiamo imparare a convivere con il mondo, anziché cercare di dominarlo.“
James Bridle, scrittore e artista visivo, in
“Modi di essere. Animali, piante e computer: al di là dell’intelligenza umana”
pp. 21-22 Rizzoli, 2022
Questa storia di fine 2023 – e il conseguente mio stato d’animo, un misto di inquietudine rabbia e tristezza, ma anche di profonda gratitudine e riconoscenza, che ormai prosegue anche dopo carnevale e temo durerà un bel po’ – la voglio proprio raccontare.
La storia completa del mio amico Diancine, un nome che è anche un’esclamazione, il gatto più straordinario con cui abbia mai avuto a che fare, sarebbe lunga, comincerebbe con il suo primo miao “baritonale” espresso da cucciolo, con la stessa decisa espressività che conservo sempre, passerebbe per le sue immancabili testate di ringraziamento ad ogni goccio di atte, per la cattura di un grosso fagiano portato in casca una estate, per il suo sguardo un po’ stupito dopo esser stato sgridato per aver catturato il fagiano, … e per molte altre piccole grandi storie, dimostrazioni chiare di smalto, eleganza, capacità e intelligenza animale.
Ma la storia della sua morte per avvelenamento pochi giorni fa, che voglio raccontare, mi ha segnato e anche svegliato; di certo mi ha insegnato qualcosa in più, di quel che il mio amico Diancine mi aveva già insegnato in questi ultimi suoi 12 anni. Questi dodici anni segnano una stagione che con Diancine finisce, e mi pare si entri in una zona che ironicamente definirei zona grigia – si è aperto almeno per me un periodo, non per forza pessimo, ma sicuramente diverso da prima.
La morte di questo gatto si verifica nello stesso periodo in cui muoiono in guerre nuove e feroci moltissime persone, e certo anche animali e piante che le e li circondano, che non conosco direttamente ma alle quali tutti possiamo pensare.
Possiamo immaginare vittime innocenti in terre lontane di metodiche follie quotidiane, di cui si dibatte spesso insulsamente; è un periodo in cui circolano incessantemente disinformazioni, cose di enorme gravità in termini sociali.
Il minuscolo fatto, enorme per me, che non è ben chiaro e potrebbe persino lasciar intendere che un gatto curioso non era intelligente se si è fatto fregare dal veleno, è in linea con il resto delle vicende umane e del mondo, contraddittorie a volte, ma più spesso ben chiare al di là delle prove; mi insegna qualcosa sullo stato fortunato, privilegiato in cui mi trovo, poiché posso permettermi di provare tristezza per la morte di un gatto; e conferma il penoso stato in cui ci troviamo come umanità o meglio direi disumanità, in termini di relazioni.
Quanto accaduto, irrilevante salvo che per pochissimi, lo ripenso e lo ripenserò ancora, per meglio sopportare questo amaro inverno di guerre: il fantasma di un gatto può essere di grande aiuto, e affinché un lutto familiare possa essere elaborato, se non superato – come tutti gli altri lutti – voglio fissare nella mia memoria naturale – non in quella esterna e artificiale, del computer e del cellulare – alcuni pensieri.
Il primo pensiero è relativo all’attività mentale stessa e alla “psiche”: gli animali sono esseri capaci di coscienza, a mio parere è indubbio che alcuni possiedano vivacissima attività mentale, se non pensiero convenzionalmente ed umanamente inteso.
Indipendentemente dal fatto che – come suggerisce James Hillmann – la psiche non è tanto o soltanto dentro di noi, al contrario piuttosto noi siamo immersi nella Psiche; e indipendentemente dal fatto che ciascuno proietti molto di sé “là fuori”, che n po’ forse è “la dentro”, significati e segnali vitali su persone cose e animali ci coinvolgono, ci mantengono a volte in inatteso equilibrio, e se qualche equilibrio si rompe è ora di accorgersi di quanto valeva un piccolo elemento per il senso del Tutto: è ora si smetta di trascurare l’intelligenza degli animali e le loro energica capacità di affetto: le facoltà mentali degli animali non possono essere liquidate come “solo istinto”, “puro istinto”, “mero imprinting” o “imitazione semplificata dell’umano” (cfr. Konrad Lorenz).
Le teorie di Konrad Lorenz, di importanza storica, divertenti e affascinanti per molti versi, non convincono più, suonano erronee, se si riducono ad una teoria dell’imprinting che non basta a capire molte specie domestiche o addomesticate. Le questioni della domesticazione animale vanno riconsiderate diversamente e meglio comprese, a maggior ragione se gli umani pieni del loro individualismo che si presume esclusivo, vanno perdendo sia intelligenza che animalità. E le vanno perdendo se troppa è la confusione e l’enormità degli stimoli che li aggrediscono h24, se troppa è la sistematica distorsione del nostro stesso linguaggio, operato dai media omologanti globali che titillano e assillano.
Un esempio eloquente della distorsione del linguaggio definisce “intelligenza artificiale” un macrosistema potente che in realtà intelligenza non è, per il semplice motivo che non è un sistema vivente.
Secondo pensiero. La constatazione che gli esseri umani siano animali aberranti, che abbiano stabilito, soprattutto negli ultimi 2 secoli, un rapporto distorto con l’unico pianeta che li ospita e col mondo naturale, è ovvia premessa di questo mio discorso: è urgente e opportuno recuperare un nuovo e diverso rapporto con il mondo animale, e anche con le piante, per poter sopravvivere come biosfera.
La nostra “umanità” – il termine è leggibile sia come sostantivo che come aggettivo – comprende un’animalità assassina, lampante attributo principe dell’animale uomo. Di fatto l’uomo e soprattutto il maschio umano, è uno dei pochi animali che uccide anche dentro e non solo fuori dalla propria specie. E non lo fa tanto per la necessità di nutrirsi quanto quasi sempre, più o meno consapevolmente, per nutrire la propria frustrazione, alimentare nuovo odio verso i propri simili. E quando uccide altri animali, che sono pure suoi simili, lo fa per dispetto o capriccio (cfr. la classificazione di comportamenti sociali di Stephanie e John T. Cacioppo, “introduzione alle scienze sociali” Raffaello Cortina 2022). A me pare sopravviva in molti una depravata disposizione mentale più determinante di necessità naturali, come invece potremmo classificare gli istinti sicuri e “feroci” delle tigri del Bengala, dei fossa del Madagascar, dei lupi della Steppa o dei leoni africani.
Terzo pensiero. La specie umana in quanto primate è meno carnivora delle specie feline e di altre: come i bonobo o gli scimpanzé, i primati umani sono sostanzialmente onnivori, e l’uomo può fare con pochi accorgimenti benissimo a meno di uccidere altri animali per nutrirsi. A maggior ragione questo potrebbe valere e vale dopo aver inventato la carne sintetica che non è gomma, ma sintesi di tecnoscienza con risultato biologico, e che evita sicuramente un sacco di problemi pur ponendone qualcuno. Evita anche, ma il fatto rimane sotto traccia, molta crudeltà verso nostri simili. Questa similitudine è evidente e non ritengo necessario chiamare in causa né San né papa Francesco: non è necessario chiamare in causa una fede religiosa, per vederne la portata. Margherita Hack ne ha scritto in poche parole in modo pienamente laico con molta eloquenza.
L’uomo insiste a mostrare una pericolosa propensione a sterminare animali ed eccezionalmente altri umani in modo speciale: sistematico, ordinato, collaborativo: struttura grandi allevamenti-lager: va ricordata per crudele analogia l’efficiente e ordinata collaborazione nei lager nazisti e nei gulag. Paragone azzardato? A me sembra molto suggestivo della disumanità che noi rappresentiamo oggi, sarebbe piuttosto ipocrita non vedere la stretta somiglianza tra genocidio e allevamenti animali intensivi.
Altra considerazione: sulle distorsioni che il nostro linguaggio e il nostro stato mentale sostiene. Tutti sembrano “amare” gli animali, spesso si ostenta visibilio di sentimenti di tenerezza verso cani e gatti: va però ricordato che Adolf Hitler “amava”, accarezzava affettuosamente i propri cani: alcuni certamente ritengono di dimostrare con una carezza fuor di dubbio d’amare gli animali, altri lo stesso reputano dimostrativo di amore tener alla catena un cane. Ci si trastulla, a volte, con “animali da compagnia”.
L’idea di compagnia secondo me è limitativa e sbagliata, o quanto meno inadatta a raccontare vita e intelligenza di un animale che stringa davvero amicizia con gli umani. Gli amici fanno tutti certo anche compagnia, ma la loro sola presenza – anche solo nei pensieri – è sempre al tempo stesso molto di più di questo.
Quanto alla contraddizione nei comportamenti, questa è riccamente rappresentata nel primate umano e lo definisce, nella migliore ipotesi, che chiama in gioco la libertà – un’idea che male s sposa con fraternità e uguaglianza, a dispetto della rivoluzione francese.
Io per primo mi contraddico, non disdegno la carne per quieto vivere, o per non sembrare un contestatore e un fondamentalista dei diritti degli animali – una questione che pare debba venire ovviamente molto dopo i diritti delle donne, dell’infanzia, e il diritto di emigrare. Una questione minore, che rischia di non venir mai attenzionata.
La contraddizione peggiore però è non accorgersi nemmeno di avere un grande amico, che equivale ad essere incapace di amicizia – cosa che non esclude ma anzi forse implica, diventare capace di sola inimicizia.
Il mio Grande Amico Diancine (imGAD) era uno straordinario amico in famiglia, amico di tutti e nel vero senso della parola; era uno di tantissimi gatti di casa avvicendatisi negli anni, ma credo sia stato più di ciascuno e di tutti gli altri, per motivi su cui meditare: era non solo “uno di noi”, ma anche unico e insostituibile nelle dinamiche e nelle energie armoniche e affettive che si instaurano in una casa; è diventato un mio vero amico, non solo una grandissima compagnia e un motivo di allegria. Ora che imGAD non c’è più, continuo ad aspettarmi di vederlo sbucare se passo in certi punti della casa, del giardino, che era il suo regno naturale. Il grande giardino era il suo territorio e ne aveva di certo una conoscenza sensoriale superiore a quella che io stesso potrei mai avere del giardino.
Una terribile tristezza a volte ci prende tutti per quanto successo dopo un anno duro, l’ultimo per imGAD, il 2023.
A fine estate per giorni abbiamo temuto fosse morto perché era scomparso; era ricomparso dopo qualche giorno con un arto offeso, rottura dei ligamenti crociati. Forse una bastonata? Non abbiamo capito, come non abbiamo capito molto della sua morte, presi di corsa dalle solite grane e attività quotidiane; ci abbiamo provato, a capire, ma ci siamo consolati e rallegrati perché in qualche modo lui aveva recuperato rapidamente il suo infortunio; e ho vissuto personalmente a fine estate 2023 il piacere di accompagnare a spasso un gatto, non un cane _ accompagnarlo di necessità e di intesa, ovviamente senza alcun guinzaglio, alla debita distanza, facendogli io compagnia mentre si gustava il giardino, il sole, in una fase che potremmo chiamare di riabilitazione naturale.
Ultimo racconto.
E’ rimasto fuori casa un’intera notte in dicembre, come aveva fatto molte volte, durante questo e passati inverni: rientrato in casa di mattino presto, è rimasto quasi immobile e in assoluto silenzio tutto un giorno e il giorno successivo. Non era da lui, siamo stati lenti a capirlo. Lui che ha passato moltissimo tempo ogni giorno a fare le fusa. Mi ha salutato con un ultimo miagolio quando l’ho fatto salire in macchina, molto eloquente del fatto che soffriva e aveva forse già capito meglio di me che lo aspettavano solo ultimi fastidi.
Capire l’avvelenamento di un gatto in tempo utile per salvarlo vuol dire che bisogna muoversi entro 3-4 ore, oltre questo tempo di solito nulla più serve ad evitarne la morte. Diancine, ci ha detto il Team di dottoresse – veterinarie, aveva quasi certamente contratto una grave intossicazione, per qualche veleno in forte dosaggio; il veleno più probabile, non l’unico possibile, potrebbe consistere di diversi ml di liquido antigelo per motori d’auto, vagamente dolciastri, facilmente mescolabili a cibi per gatti.
Resta da chiedersi un gatto molto grande quanti millilitri di liquido riesca a scolarsi da solo, e se sia invece molto più probabile che qualcuno abbia dedicato tempo per preparare polpettine per gatti avvelenate.
Propendo decisamente per la seconda ipotesi.
Gli accertamenti fatti hanno orientato questa diagnosi di avvelenamento. L’11/12 Diancine era ipotermico, anurico per una grave insufficienza renale acuta, in grave acidosi (oltre 20 di creatinina e meno di 1,7 di pH, valori incompatibili con la vita di un uomo, di un cane, salvo eccezioni e breve lasso di tempo, anche di un gatto: è noto alla medicina veterinaria e alla saggezza popolare che i gatti possiedano reattività e riserve biologiche strabilianti, in diverse circostanze di ‘malattia’).
Dopo 2 giorni e una notte di sollecite cure inefficaci a guarirlo – in un Pronto Soccorso veterinario, supportato da idratazione e morfina per via parenterale, come i malati terminali, è morto, lontano dalla compagnia degli umani. Ho stupidamente sperato che sopravvivesse abbastanza ore, così da poter tornare almeno a salutarlo; posso sperare sia morto sognante, ai suoi 12 anni di età, equivalenti ai miei poco più di 60, verso le ore 2 e 20 del 12/12/2023, giorno definito astrologicamente come il giorno “del linguaggio del corpo”.
Le righe sopra sono un raccontino di cronaca. La storia si sa è un’altra cosa, la letteratura altra ancora. Bisogna avere più elementi e più talenti, forse. Raccontare chi era Diancine, per chi lo abbia osservato attentamente, anche ignorante come me in fatto di gatti, è difficile, ma “esseri senzienti” speciali meritano di essere osservati, raccontati e ricordati; e il modo in cui è morto può insegnarmi, che mi piaccia o no mi ha indotto altri pensieri:
- il linguaggio di un corpo animale è istruttivo; il nostro stesso corpo ci e si ricorda che siamo animali come altri animali, e forse per una lunga serie di sedimentazioni culturali questo offende la nostra anima, forse ci dissocia da parti di noi stessi. Ma è stupido; non vorrei nemmeno eludere una delle domande chiave: “gli animali che tipo di anima, o di psiche hanno?”
. - Perché se ce l’abbiamo noi, ce l’hanno anche loro, e viceversa; molte specie animali hanno un’attività mentale, percezioni sensoriali, istinti, sentimenti, memoria e sogni; pensando alla psicologia del profondo, va ipotizzato che anche i gatti abbiano, e non solo siano, vettori e percettori di simboli, miti, archetipi, di forze relazionali, dimensioni consce e dell’inconscio personale e collettivo, di auto ed etero ipnosi come gli umani. Non ci sono strumenti facili per provarlo e può sembrare folle pensarlo, ma in realtà sarebbe (sarà, per chi lo farà) interessante approfondire, potrebbe risultare d’aiuto grande alla psiche umana, collettivamente malata d’accelerato imbarbarimento.
. - ImGAD aveva un carattere o forse meglio dire una personalità forte e unica, per questo mi ha insegnato a superare sciocchezze e luoghi comuni sui gatti di cui ero imbevuto dall’infanzia: era capace di affetto e tenerezza quasi costanti, di pazienti attese e di entusiasmanti scatti, o solo di movimenti in tempi e spazi spettacolari, di presidiare un territorio con attenzione e capacità in misure che non credo gli umani abbiano. Intelligenza sensoriale e certamente qualche ragionamento, capacità di gioco e insieme di rispetto e relazione, e molta fiducia, simpatia, allegria, eleganza; non ho mai avvertito paura, niente dei timidi rifiuti paragonabili a quelli propri di molti altri gatti, e a quelle stesse incertezze e intolleranze sofferte che gli umani mostrano ai miei occhi sempre più.
. - Probabile che troppa fiducia negli umani e non soltanto la golosità lo abbiano gabbato: anche questo insegna, dovrebbe innanzitutto a chi per dispetto lo ha probabilmente avvelenato. Chi usa la fiducia o la golosità per accalappiare o per uccidere un animale indifeso resterà probabilmente sempre e comunque ferito, a sua volta, dalla propria sfiducia. Quanto agli eccessi alimentari umani causa di malattie e dolore, tipiche dei Paesi ricchi ma sempre più globali, un’altra volta magari ne scriverò più approfonditamente.
Accenno altre due considerazioni in breve come appunti / pro-memoria per scritti futuri:
1 – Medicina-Veterinaria.
La medicina che esercito da quasi 35 anni è sorella quasi gemella della Medicina Veterinaria. Ho trovato nel 2023 strette analogie di prassi nel PS Veterinario privato in cui ho accompagnato Diancine a mirire, e il lavoro svolto da sensibili e preparate dottoresse è simile al mio, con la differenza che i Pazienti non si esprimono e non si rivelano a parole, similmente forse a quel che può valre per i neonati e i lattanti – gli uani nel primo anno di vita.
Il resto è fin troppo somigliante, e intendo dire che si rischiano nei due campi le medesime distorsioni di cognizione e di prassi consolidata, convenzionale.
Tenere un animale domestico è un lusso costoso nel momento in cui lo si voglia curare come si cura un essere umano: soprattutto oggi che anche i PS per umani condividono elementi chiave di sanità pubblica, e rischiano di non sopportare la medicalizzazione della vita che ci pervade; in breve anche la sanità animale, domestica o meno che sia, diventata privata, è ineludibile occasione potenziale di profitto.
Come per l’esser umano, del tutto a prescindere dai rischi di ogni privatizzazione stretta biomedica, le cure in emergenza possono essere del tutto inutili; né i sistemi privati né i pubblici sono immuni da anche involontarie sopravvalutazioni o strumentalizzazioni di tecnologie di incerta efficacia, promettenti, mitopoietiche, costose, che si praticano sempre più spesso sia sugli animali che sull’uomo.
Nel contempo, in Africa la deforestazione erode spazio vitale a specie che si estinguono, e molti milioni di umani sono privi di cure, e muoiono i bambini per fame sete e neglette malattie facilmente evitabili a costi bassi. Le neglected tropical disease continuano a restare neglette e nel caso capitino in Paesi ricchi, nemmeno i Paesi ricchi forse sarebbero attrezzati per affrontarle, in una implicita nemesi che giustifica il termine: negletto.
2 – Vicini di casa.
Proprio di fronte alle molte guerre in corso, alla violenza degli umani verso se stessi, di fronte a Gaza all’Ucraina e alle curiose pantomime di politici europei e altri, che mercanteggiano sullo stato di diritto ma non arrivano ad ammettere che di rado la sensatezza della via negoziale in Ucraina; proprio a fronte di notizie su chi venda “ville al mare di fronte a Gaza”; e di fronte agli americani che consentono a Trump di candidarsi alla presidenza USA e di vincere, giocando in casa con gran cinismo; e di fronte a Putin, ad Hamas, a Netanyahu (che molti israeliani oltre a Hilary Clinton vorrebbero andasse lontano), di fronte agli inevitabili eccidi di innocenti uccisi persino dal fuoco amico, voglio mettere questo infinitesimo fatterello dell’avvelenamento di un gatto amico da parte di un vicino.
Perché il fatterello ha la stessa pasta frolla della mente umana in disfacimento, al pari delle guerre di aggressione e di tutti i cinismi di miglior successo: è espressione tristissima dell’umanità che costruiamo giorno per giorno in degrado.
Come scrisse Herman Hesse “ … è tutto una cosa sola” , … ma non va tutto bene. Tutto si tiene, nel senso che la violenza è tutt’uno con la naturale immensa stupidità umana, insieme con la mirabile potenza presente alle nostre vite, dell’Intelligenza artificiale.
Perché? Perché il mio vicino avrebbe perso tempo a preparare polpette avvelenate per darle al mio gatto? Era troppo grosso, troppo rosso, troppo chissà cos’altro, avrebbe invaso il suo territorio, valicato minacciosamente il confine del suo giardino? Il vicino era stato infastidito da qualche comportamento del gatto? o dalla sua semplice esistenza? O più probabilmente forse egli ha ucciso il gatto, commesso un reato, maltrattamento di animali, per invidia far un dispetto a me?
La convivenza civile funziona in questo modo? I tuoi vicini di casa potrebbero essere irritati dal semplice fatto che io, mia moglie, i miei figli, o tu, tua moglie i tuoi cari, qualsiasi vicino, esistiamo?
In effetti, forse è così anche tra ebrei e palestinesi, russi e ucraini, e altri. Se ogni pretesto è buono per avviare catene interminabili di dolore e odio, del tutto a prescindere da questioni morali, non c’è un barlume di intelligenza in queste dinamiche, in cui vedo solo il mistero ottuso del male.
E di certo, se lo ha fatto, il mio vicino di casa non avrà mai un amico come imGAD, e probabilmente non avrà alcun amico. A parte questo, io credo che la strada migliore in alternativa alla comprensione reciproca, sia sempre in ogni caso l’interruzione di ogni catena di violenze.
Non c’è in effetti niente di giusto in quel che accade vicino e lontano da noi in questo periodo, ma interrompere catene di uso di veleni è l’unico certo pre-requisito di un nuovo barlume di giustizia.