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PROPOSTE ANTI-GUERRE:

UBUNTU for Ucranian, Russian, and all human Peoples.

Per chiunque abbia qualche vaga nozione di storia, la tesi dell’innata distruttività umana quale causa prima della guerra è semplicemente assurda. I Babilonesi, i Greci, fino agli statisti del nostro tempo, hanno pianificato le loro guerre per ragioni che ritenevano molto realistiche, … anche se, … i loro calcoli furono spesso errati. Le motivazioni erano infinite… acquisire ricchezze, schiavi, materie prime, mercati, espansione e difesa. … La tesi dell’innata distruttività umana quale causa prima della guerra non è soltanto assurda, è soprattutto dannosa. Distoglie l’attenzione dalle cause reali, sia materiali che psicologiche, indebolendo l’opposizione contro di esse. … ”

Eric Fromm Anatomia della distruttività umana prima edizione originale 1973 – prima edizione italiana Oscar Mondadori 1975, pag.265

“ … Ho visitato Auschwitz.… Abbiamo visto …il cortile dove migliaia di persone vennero fucilate per attività clandestine …la minuscola camera dove le vittime nude venivano gasate …anche duemila alla volta. … Quanta cooperazione. Tendiamo a pensare che la    cooperazione sia sempre un valido obiettivo da perseguire. Eppure, proprio come la moralità, può produrre il bene come il male. La missione più importante non dovrebbe essere promuovere la cooperazione, abbastanza facile da realizzare … saldamente basata sull’auto domesticazione e sul senso morale. La sfida più difficile è ridurre la nostra capacità di compiere la violenza organizzata. Abbiamo cominciato, ma c’è ancora tanta strada da fare. “

Richard Wrangham Il paradosso della bontà. La strana relazione tra convivenza e violenza nell’evoluzione umana, ultima pagina; prima edizione italiana Bollati Boringhieri 2019

Se è vero che dove la violenza comincia le parole hanno fallito, dato il numero di guerre in corso, è giusto pensare che le parole continuino a fallire. Il numero di pensatori che hanno scritto, ed agito, meravigliosamente contro la guerra è altissimo (vedi i limitati accenni al riguardo in Bibliografia).

Fallito è l’obiettivo di reciproca comprensione tra umani, e il progetto noto di abolire le guerre una volta per tutte, che molti saggi in occidente hanno sostenuto o sostengono. Tuttavia, io che come Gino Strada mi dichiaro contro la guerra, ma non pacifista (5, pg.51), non ci può essere alcuna pace degna di questo nome dove sembra ormai quasi irrimediabilmente perduto il minimo senso di giustizia e di dignità umane.

A logica questo fallimento di comprensione credo valga per gli aggressori e non solo per gli aggrediti, i primi sono tali fors’anche perché, per una ragione o per l’altra, troppo a lungo hanno ottenuto incomprensione e fraintendimento, su questioni sostanziali per loro.

Posto che io non abbia alcun dubbio su chi sia l’aggressore (il governo e l’esercito russo) e chi l’aggredito (il popolo ucraino) nella guerra Russo-Ucraina, già quanto appena scritto, e ancor più quanto segue, probabilmente verrà tacciato di filo-putinismo.

Pazienza. E’ un motivo in più per dire chiaro quel che penso, e così vale per tutti, almeno nelle cosiddette società aperte – e questo è ancora più necessario data la gravità della crisi delle democrazie, che non dipende dalla guerra. Come suggerì Doris Lessing: … mantenere un’opinione individuale dissidente e restare parte di un gruppo o di una comunità è la cosa più difficile del mondo.

Ci si prova.

E allora val la pena di dire subito che i crimini efferati commessi in Ucraina non consentono di dimenticare i crimin commessi dai governi americani in Irak, in Sud America, secoli prima collo schiavismo in Africa, né quelli attuali in Iran, né quelli della guerra civile ad Haiti e nemmeno il Katargate che è crimince dell’Unione Europea nel 2022. Non c’è un barlume di giustizia quasi da nessuna parte nel mondo, e l’unica consolazione è che almeno nelle difettosissime società aperte i cittadini abbiano modo di saperlo, e protestarlo, prima ancora che facedno politica, esercitando il loro spirito critico.

Mi aspetto che uno sforzo di intitolare con le parole ‘proposte anti-guerra‘ un monologo potrà esser giudicato male: strambo, quanto meno eccentrico. Lo è. Su cosa significhi essere eccentrici, rifletterò tra poco. Questo articolo potrà esser giudicato senz’altro un delirio, anche più paradossale di quello di altre pagine da me scritte, su un sito o in un libro. E’ una strategia comoda, additare un paradosso, in un mondo che straripa di paradossali violente e di rischi d’estinzione per il gener umano: preserva lo statu quo ovunque.

Eppure paradossale a me non sembra – perdurando le guerre, tutte le loro prevedibili conseguenze immediate e quelle a lungo termine, tutti gli irreparabili effetti, lo stentato trascinarsi di parole e ipotesi di tregue annunciate, smentite, rinnovate, ri- smentite – far proposte ‘utopiche’ o ‘distopiche’, anche senza averne alcun titolo.

Chi ne ha titolo? Quale politico o diplomatico avrà avviato dialoghi sotterranei con gli Oligarchi russi e con Vladimir Putin? Siccome non è dato sapere, questo non sapere è un motivo in più per i paradossi. Perché a mio modo di vedere non c’è un delirio peggiore e più paradossale della guerra stessa, e perché le teorie politiche si dibattono da molti anni sulla necessità di nuove idee praticabili che rendano possibile prima o poi una migliore governance globale. 1

Sulla parola ‘paradosso’ (letteralmente, dal greco: ciò che sta oltre la conoscenza, oltre la norma), si consideri che la distruttività essenziale, propria della guerra, è da sempre intessuta di sistematici nascondimenti, di spasmodica e ossessiva distruzione di informazioni, di ostacoli costantemente frapposti al diritto a conoscere, di violazione e sordità al senso di umanità che riconcilierebbe, di regressione-soppressione dei diritti umani fondamentali. C’è qualcosa di più paradossale di questo nelle relazioni sociali? La menzogna è, filosoficamente parlando, per definizione paradossale, perché a ben vedere sta sempre oltre la conoscenza in quanto determinata consapevolmente a obliterarla. Una informazione da non perdere, in proposito, riguarda non solo i fatti ma anche l’enorme dibattito di idee, la perdurante disparità di visioni – giuridiche, filosofiche, politiche – da tempo in campo sulla prospettiva di unagovernance globale, prospettiva che sarebbe pre-requisito chiave di una pace mondiale duratura.

Non capisco perché al posto di tante bandiere colorate i cittadini di tutto il mondo libero non siano oggi più direttamente, approfonditamente informati sulla , dai propri ministeri della cultura, sulla storia dei successi e dei fallimenti delle idee nonviolente: quelle per le quali il popolo iraniano in questi giorni è disposto a soffrire e a morire. Nelle società ricche, aperte, i cittadini non sono molto coinvolti dai media, sulle reali o presunte difficoltà-criticità di un governo mondiale o di una pace perpetua, troppo spesso ritenute argomenti di pertinenza esclusiva di sedicenti intellettuali e filosofi. Non può più essere così.

E’ un altro paradosso pensare che servano esclusivamente esperti, non anche qualche visionario creativo, non anche un uomo della strada, per aprire gli occhi e tentare dialoghi su un tema simile. Nessun cambiamento al riguardo potrà avvenire in modo armonico senza un’assimilazione di nuove idee, nuovi aspetti culturali, di portata globale come questo. E’ maturo il tempo per proporre che quante più persone al mondo possibile sappiano e partecipino, benché un dibattito del genere non sia semplice, né nato ieri, visto che se ne parla almeno da quando fu pubblicato il libello di Emanuel Kant.

E proprio per quanto la guerra sia assurda invariabile dismisura e disvalore, le mie proposte che molti considereranno un elenco di sogni assurdi di un eccentrico – sono forse troppo sobrie, troppo poco ‘paradossali’. Aggiungo che la prima proposta che sosterrò non è mia ma dei Radicali italiani, e che se la si considera solo una proposta politica, mi interessa meno. Non ho tessere, non ne voglio, e in ogni caso la politica non è sufficiente oggi a ottenere cambiamenti. Essere radicalmente nonviolenti non è del resto solo una questione politica, ma etico-filosofica e culturale, ed essere italiani o europei non è essenziale ai cambiamenti che per restare umani il presente globalmente richiede.

Secondo me sarebbe necessario che un insieme esteso di cambiamenti paradossali prendesse corpo rapidamente, per contrapporre alle guerre un fronte di antidoti sufficiente ad abolirle,rendendole ancor più disfunzionali di quanto già non siano: un fronte vivo, di molte arti, ricco di idee, può farlo, è una questione di massa critica e di forza dell’opinione pubblica, di partecipazione attiva e di saper sostenere proposte chiare. Molte Arti solidali, diversamente intese e declinate, nella direzione di nuovi valori. I vincoli materiali, economico finanziari, politico-culturali e ambientali cui tutti siamo sottoposti richiedono oggi molta più immaginazione ed elasticità, per avere qualche chance di cambiare le condizioni del mondo in meglio e non in peggio.

Non so se in proposito valga la pena di immaginare un nuovo rinascimento: di questo scrisse più volte Aurelio Peccei. Rischia di diventare una moda ripeterlo, il rischio è d’esser fraintesi: certamente si dovrebbe trattare di un rinascimento sobrio, attento alla decrescita, ma non alla felicità, consapevoli che una decrescita felice è molto discutibile, ormai tardiva. Una decrescita nonviolenta, avvisava Gandhi, potrà dar gioia alla fine di un processo, ma passa necessariamente attraverso la sofferenza: il freddo inverno che ucraini russi ed europei attraversano a fine 2022 lo suggerisce.

Un rinascimento oggi dovrebbe dare ragione piena a Greta Turnberg e nello stesso tempo rispolverare le parole attribuite a Diogene di Sinope ( 412-323 a.c, fu allievo di Atistene, a sua volta allievo di Socrate, e come Socrate non scrisse niente, tuttavia su Diogene scrissero molti altri ). Diogeneandrebbe riscoperto, riscoperto potrebbe essere il valore frugale del cinismo antico autentico, diversissimo dal cinismo della realpolitik: il cinismo dei politici odierni purtroppo con quello nobile e filo-socratico, di grande valore, eccentrico, di Diogene di Sinope, non ha minimamente a che fare. 2

Più che un rinascimento si dovrebbe trattare per le società aperte e dei consumi di un ravvedimento,

Di un insieme dinamico di regole a cui ci si attenga con modestia, volto a ribadire con orgoglio che sopravvivere non è più un rimedio, un surrogato, un obiettivo di scarso peso e pregio per gli esseri mani. Al contrario, è un obiettivo alto per la specie al punto pessimo in cui si trova, in previsione di prossime pandemie peggiori, conflitti maggiori, e dovrebbe essere ‘il’ valore prioritario condiviso in tutto il pianeta, il primo criterio a giustificazione di società riflessive nell’era dei rischi iperoggettuali – o forse sarebbe meglio dire iperoggettualoidi.

Vale la pena ricordare che imparare a vivere con poco fu per Diogene uno dei cardini per una vita individuale felice, anche quando la quantità di cose che ogni uomo poteva teoricamente possedere erano molto poche rispetto a quelle disponibili in media oggi nella maggior parte dei luoghi del mondo. Nei secoli, oltre che recentissimamente, in ambito di discipline psicologiche e filosofiche, se non proprio scientifiche, si sono accumulate montagne di indizi del fatto che il controllo dei desideri umani sia tremendamente difficile, che l’accumulo di beni materiali, il consumo continuo e la riappropriazione degli stessi, cui oggi tutti si è indotti, non abbia né abbia mai avuto correlazioni con la felicità e nemmeno con la soddisfazione individuale.

Alla felicità umana e alla soddisfazione sono essenziali tutt’altre cose, che sarebbe – del tutto a prescindere dai danni alla biosfera – potremmo ciascuno e tutti risolverci a imparare, partendo proprio da Diogene, il cui pensiero risulta tanto lontano nel tempo e apparentemente marginale quanto attuale 3 (v. al riguardo in Bibliografia ).

E’ utile ricordare il fatto che molte arti possono contribuire alla felicità umana. E che se ogni artista è per certi versi ‘un bimbo sopravvissuto’, allora il suo è un modo d’essere molto prossimo al candido e frugale cinismo di Diogene; se si volesse dar un minimo di credito agli eccentrici, il loro modo d’essere concorrerebbe fortemente ad evitare la guerra, il suo corredo sponsale mostruoso di dolore dell’umanità. Evitarla passa forse proprio attraverso i rimedi più paradossali e candidi: non c’è altra opzione che mettersi con candore contro al cupo fronte e agli irrisolvibili impasse-rompicapo attuali, conseguenti alla realpolitik, per fronteggiarla.

Perché da dove vengono i rompicapo? dalla crescita economica abnorme, gemellata all’ingiustizia distributiva, dal ‘neo-cinico’ check and balance tra convenienze di nazioni sempre meno sovrane, sempre più rigide-fragili e le complesse necessità globali ingestibili, energetiche idriche alimentari.

I rompicapo non saranno mai risolvibili con la forza o sulla base di soli calcoli economici, lo saranno invece con una volontà e capacità distributiva trasparente, dispostaal compromesso, al rispetto della parola data, alla sofferenza, a transitorie ingiustizie minori, che non vengano però chiamate con nomi diversi. Non avrebbe alcun senso chiamare giustizia qualcosa che oggi non può esserlo minimamente.

L’opinione pubblica può reagire con l’emotività di un bambino ai problemi globali in campo e alle guerre, ed è del resto difficile per chiunque restare insensibile a paradossi che si verificano ogni giorno nel corso del 2022. Due esempi: USA e Russia risultano alleati nel contrasto alla guerra genocida in Siria, l’Iran mostra al mondo la propria chiusa mostruosità di fronte ad una incredibile, straordinaria, tragica battaglia nonviolenta il cui merito è soprattutto delle donne iraniane. Se questi due fatti eclatanti, epocali, distanti geograficamente ma contemporanei al conflitto russo-ucraino, non sono paradossi, difficile che non passino anche attraverso la creatività più paradossale le soluzioni politiche migliori, contro tutte le guerre, attese e gradite od inattese e sgradite che siano.

Paradossale è anche il silenzio mediatico su altri fatti, ad esempio su na piccola pandemia di Ebola in Repubblica Democratica del Congo e su molte altre questioni legate agli spill over che sembrano relegate a curiosità per i medici.

Difficile capire poi chi avrebbe abbastanza competenze multi-disciplinari, saggezze ed abbastanza disinteresse per far proposte ricevibili da un aggressore esasperato e ostinato, in un Paese con una storia stracarica di violenza e dolore, la Russia- o che è lo stesso, ricevibili da un aggredito esasperato e ostinato, Zelenskji, in Ucraina.

L’opinione pubblica dipinge a suo modo le Persone di spicco implicate, ma cambia i volti, i toni del dipinto, a seconda dell’onda mediatica del momento, e fatica a trovare qualcosa che contenga e distragga da onnipresenti ‘superoggetti’ – guerre, carestie, pandemia, in questione.

Ma l’opinione pubblica cos’è? Non solo un’astrazione: la sommatoria mutevole di opinioni di singoli individui, che possono entrare in risonanza cognitiva e sinergia di azioni, in cui emerge – pur eccezionalmente – chi per potere economico, per caso, per fortuna, per moda, per convenienza, talora per intelligenza, per tutti questi fattori, riesca a farsi ascoltare.

L’opinione pubblica diventa anche una cognizione diffusa. Per questo, nonpuò trovare stabilità ed ostinazione smetto di sperare in brecce del pensiero, aperte da parte di alcunicontro le opinioni di tutti; continuo a credere che si possa diventare anche proprio malgrado più capaci, in molti, di indurre se non soluzioni paradossali, un linguaggio un pensiero ed azioni di cambiamento.

Quanto reale sia l’opportunità di risolvere conflitti armati protratti mesi o anni, dipende comunque sopratutto da quanto leali saranno le parti – direttamente o indirettamente – in conflitto. I conflitti di interesse andrebbero discussi, svelando alcuni di essi come fasulli e risolvibili. Dipende da quanta priorità vogliano queste parti dare, alla difesa del diritto di informazione e di verifica dei fatti in gioco.

Intendo dire che informare tutti i Paesi e i popoli sui fatti collegati alle guerre in corso sarebbe il primo fronte antiguerra. Quello alla conoscenza dovrebbe essere considerato il fondamento prioritario del diritto internazionale, che dovrebbe essere riformato e regolamentato con diverso impegno e minori ambiguità da organismi come l’ONU, l’OMS, l’UE: una rete fitta di istituzioni che firmino un nuovo manifesto congiunto, Russo-Ucraino, è una proposta cui tendere. Qualcosa di simile potrebbe avvenire con sistemi di traduzione in più lingue, non solo le maggiori, ma molte altre e in primis il russo e l’ucraino.

Non è solo un male che la ridicola corruzione entro l’UE si riveli in questa fine 2022 perché la necessità di riforma interessa le società aperte e non soltanto gli oligarchi russi, con i quali le società aperte hanno per lungo tempo concluso affari. Le sanzioni dovrebbero colpire molto più diffusamente nel mondo in base a un diritto internazionale condiviso.

Un manifesto (vedi oltre) potrebbe includere nuove leggi internazionali condivise e pesanti sanzioni economiche e commerciali anche in caso di dichiarazioni ufficiali false rese dai politici, dalle multinazionali, dagli oligarchi, tutte le falsità a copertura delle condotte criminali dei potenti.

Come in ambito scientifico qualsiasi politico dovrebbe abituarsi a dichiarare e discutere apertamente propri personali conflitti di interesse quando proponga azioni o leggi di interesse non strettamente nazionale, e doppi incarichi dovrebbero risultare impraticabili in caso di potenziali conflitti. Le leggi attuali già esistenti al riguardo in molti stati non sono applicate, con grave danno alle democrazie.

Al di là di queste pur notevoli criticità, l’urgenza e i tempi di un’apertura reale a proposte pubbliche paradossali per cessare il fuoco, dipende dalla lealtà con cui ci si impegni

1) a un ascolto reciproco autentico, comprensivo, empatico,

2) a compromessi concreti, graduali,

3) ad attuarli ad ogni costo rendendo contodei risultati nel tempo, sia in ambiti nazionali che globali dopo le dichiarazioni manifeste.

Credo che oggi si sia costretti a riconoscere la necessità di rispetto reciproco e comprensione fra gli interlocutori anche quando essi siano criminali.

I criminali di guerra sono tali dopo che una giustizia penale internazionale li abbia processati, non solo additati o denunciati, men che meno sommariamente giustiziati: come tutti gli altri criminali meritano di non essere trattati nel modo in cui i criminali trattano le loro vittime.

Nessuno tocchi Caino è un principio imprescindibile del diritto internazionale, non un vezzo radicale. Anche quando giudicati tali senza possibilità di dubbio o appello, i peggiori criminali e gli oligarchi resteranno semplicemente, in quanto esseri umani, implicati: il loro destino sarà determinanti alla sopravvivenza della specie saranno le scelte punitive nei loro riguardi, come ad un mondo futuro … non ‘giusto’: solo un po’ meno ingiusto.

Tra le due cose, ‘giusto’ e ‘meno ingiusto’ c’è notevole differenza. Il grado d’iniquità a confronto tra il presente e il futuro dovrebbe essere tenuto in sospeso, vista la regressione o se si preferisce la crisi europea apertasi coll’aggressione da parte del governo Putin durante la pandemia covid.

Sarebbe grottesca e paradossale retorica pensare di ripristinare una giustizia dopo quanto successo nel mondo nel 2022. Anche questo obiettivo, ridurre un poco l’ingiustizia, senza sognarsi più di chiamarla giustizia, guardandosi bene dal chiamare Giusta una Pace – ammesso e non concesso che la si ottenga – malferma e già densa di sete di vendette.

Fatte queste molte premesse, spero non passi e non diventi luogo comune l’idea distorta, la fake news che, nella sua solitudine il cittadino medio del villaggio globale non capisca nulla. Il senso di una global civic society che s’accontenti di bere le affabulazioni di sedicenti esperti di ogni settore, quando in gioco è il bene fragile della vita per tutti, va smentito energicamente. Preferisco di gran lunga tentare le mie paradossali affabulazioni che ascoltare le molte analisi di molti abilitati a esprimersi come esperti nei media. Meglio un meditato monologo che pessimi e fittizi dialoghi.

Proporre è utile a chiarirsi le idee più che si può e potrebbe rendere ancor più chiara l’indisponibilità a risolvere senza violenza, la nolontà politica a collaborare là dove si annidi. Linguaggio pensiero ed azione del cambiamento sono quanto serve: idee rinnovate e possibili azioni coerenti con nuove idee. Poche davvero nuove in circolazione. Chi le cerca ne trova di vecchie e buone lungo il cammino, se le pigli, è una speranza e quasi una certezza secolare. Ogni atto politico compiuto in linea con quel che è (da sempre) giudicato utopico in un dato momento, infatti, dimostra d’esser praticabile, pertanto estingue e invalida immediatamente il giudizio di ‘utopia’. E’ sempre accaduto così.

Sosterrò l’intero insieme seguente, di nuove e vecchie, idee più o meno derise e dimenticate. Quanto costi in eurodollarirubli o bitcoin applicarle, a mio parere non è il vero ostacolo. Il vero ostacolo sono i conflitti di valori e di presunte identità. Alcune vecchie idee, ad esempio il dropt the debt di Thomas Sankara, al tempo della loro formulazione, furono tacciate di utopismo e messe a tacere: il mio ricordo qui è un modo di praticare, con tutti gli errori e limiti personali enormi, quantomeno candour and transparency, che è un valore dimenticato, talvolta una forza. In situazioni estreme anche l’unica forza che resti per avere, meglio ancora essere, una speranza.

Qualsiasi cittadino può fare molto più e meglio di me; può invitare a sostenere queste che seguono o migliori proposte, che suggerisco, mi sembra si avverta, siano controcorrente, controcanto alla mancanza di dialogo.

Sostegni e inviti possono essere portati ovunque vi sia la minima disponibilità ad un ascolto, meglio in presenza.

Questo accade già, per quanto in modo minoritario, frammentato, ovunque, e sta nel potere della parola e del pensiero su quello del denaro e della forza bruta, come è sempre stato, farsi strada; un insieme articolato di proposte se riesce a con-vincere/co-in-volgere nell’urgente e diuturna lotta civile ad agire sempre meglio, molto meglio, avrà la meglio contro tutte le guerre. Lotta che esiste da millenni, durerà molti altri anni, se ad esse e ai problemi globali incalzanti sopravviveremo abbastanza tempo come specie. Una reale volontà politica, non accordi finanziari o commerciali ad essa subordinati, potrebbero realizzare tutte le proposte o alcune. Che esistano aspirazioni politiche di individui o gruppi è evidente, per lo stesso motivo che da’ il titolo ad un mio lungo peregrinare con le parole nel 2022.

Nel frattempo, il potere in guerracontro un altro e tutti gli altri poteri formalmente a favore di tregue e paci non pare stiano dialogando: sembra si facciano affermazioni quotidiane senza che si possa instaurare un tavolo pubblico di trattative. E’ inevitabile che sia così, per quanto i precedenti secoli di guerre non siano mai stati così lampanti su questo punto: c’è molta differenza tra dialogo e finzione, tra frammentati botta e risposta e monologhi che non sostituiscono un processo duale: il dialogo richiede uno sviluppo umano vivo in presenza, una co-evoluzione culturale e un con-vincere. Diversamente non si crede realmente nel valore del dialogo.

Per sedersi a un tavolo, non lungo troppi metri, servirebbe un minimo denominatore comune etico, quel che impedisce l’incontro è proprio la distanza di visione etica prima ancora che una visione politica.

Un’etica di transizione, in assenza di un’etica universale condivisa, inscritta nell’economia … nell’economia così come venne intesa nel turbolento ‘900 ad esempio da Croce, ossia nelle leggi, servirebbe. Una capacità d’accordo normativa potrebbe realizzarsi e porterebbe ad accordi internazionali nuovi. Molte Istituzioni e molti Stati tutti ormai parzialmente sovrani, insieme, attraverso il loro stesso rinnovamento indotto dalle proposte, re-impegnati a rispettare nuovi accordi e vie di cooperazione, potrebbero rendere in un paio di giorni il mondo molto migliore. Non più giusto ma meno ingiusto.

 Hobbit and Amazon Queen

PREMESSA  ANTEFATTI e PROPOSTE

  1. Una premessa con qualche antefatto, introduce una prima proposta articolata, che è paradigma del dialogo mancante, o se si preferisce dalla mancanza di autenticità nelle istituzioni internazionali e fra gli stati ‘sovrani’. Le democrazie: hanno difetti e mancanze e migliorano gradualmente solo attraverso una critica serrata, per quanto esse siano palesemente la strada migliore per i popoli ad esprimersi, e il solo mezzo per cambiare governo senza spargimento di sangue. Va ricordato che democrazia non è una prerogativa dei soli stati nazione, e che esistono livelli differenti di qualità ed estensione degli strumenti democratici.

Premessa.

Qualcuno ha sostenuto giustamente che in Ucraina nel 2022 si stanno svolgendo 3 tipi di guerra:

  • una post-moderna che include vecchi e nuovi tipi di armi, droni
  • una simile a quelle del XIX secolo per il possesso del territorio con le sue risorse,
  • una di tipo risorgimentale, guerra per l’esistenza di un popolo, quello ucraino.

Nessuno di questi tre ordini di brutti aspetti bellici può essere eluso, tuttavia l’ultimo è quello che ritengo più importante: discutibile definirlo risorgimentale, è in realtà aspetto sempre latente, in ogni guerra, di ogni tempo e luogo: un potenziale di genocidio è sempre implicato, almeno nel vissuto psicologico di chi combatte e subisce una guerra.

Il popolo ucraino ha una lunga storia di minacce alla propria esistenza e identità, piena di crimini; il più efferato e recente riguarda gli eccidi nazifascisti perpetrati in Ucraina nel 1944. La questione antropologica dell’identità di qualsiasi popolo, in generale, ha un peso enorme; limitarsi ad alcuni antefatti storici è il minimo necessario, perché oggi passato e presente russo-ucraino sono in forte conflitto, e il rischio conseguente è che ci si trovi tutti privati di un futuro.

Proposta qui sottintesa è una sospensione temporanea delle questioni identitarie come criterio per una trattativa, proprio per l’ importanza dell’identità 4. Un tavolo di trattative richiederebbe che ci si incontrasse innanzitutto come esseri umani, come Persone, fuori da retoriche ostentazioni di ruoli che non siano del tutto e per forza rigidamente predefiniti. Anche i Potenti, si incontrano pur sempre non solo in rappresentanza di popoli martoriati, ma come esseri senzienti.

Antefatti.

L’antica ambizione russa ad uno sbocco sul Mar Nero indusse Caterina II ad occupare la Crimea, che venne annessa all’impero l’8 gennaio 1784 e fu riconosciuta l’8 gennaio 1792, a conclusione della guerra russo-turca. (Non ho competenze per selezionare successioni puntuali di altri antefatti, mi obbligo a un passaggio discutibile richiamando un passato recente, tuttavia collegato ai secoli precedenti e al 1784. Non si tratta di essere esperti docenti di storia, ma di mantenere memoria e un minimo di visione e perspicacia di fronte all’enorme complessità dei problemi irrisolti globali e politico-culturali in atto in molte parti del mondo – basti pensare all’Iran in questo 2022 e a quanto lunga e unica sia la storia e la cronaca della vita di ogni popolo).

La cessione della Crimea all’Ucraina, a 300 anni esatti dal trattato di Perejaslav fu un regalo del leader sovietico Nikita Cruscev, nato al confine tra Russia e Ucraina, e avvenne dopo un procedura approvata dal Soviet Supremo il 17 giugno 1954. La memoria storica, incrollabile elemento del carattere della cultura russa, potrà influenzare il futuro dell’Ucraina anche nel caso che questa guerra si concluda nel 2023. Gli Ucraini non saranno da meno quanto a memoria del passato, per buona parte comune a quello russo, piaccia o dispiaccia ad entrambi i fronti identitari. Non verrà dimenticata la guerra in atto, né come essa (forse) si sarà conclusa, e il legame con il passato sarà tenuto in attenta continua considerazione durante tutto il tempo delle eventuali trattative di Pace.

Esempi chiave di un passato indimenticabile. La storia della carestia degli anni 1932 e 1933, quella del nazifascismo nel 1941, quella degli scrittori e degli artisti russi e ucraini negli anni successivi al 1954, tutti anni di tale interesse per l‘Europa intera, e per l’arte contemporanea occidentale ed asiatica, che meriterebbero un intero libro: le vicende politiche sviluppatesi in quegli anni sono talmente significative che ogni cittadino europeo dovrebbe studiarle a lungo. Ho iniziato a farlo, proseguirò perché il contrasto alla guerra in corso merita profondità e sforzo protratto: la comprensione dei fatti è a portata di biblioteche, di librerie, e della rete almeno nelle società aperte 5

Altro balzo temporale. Cronaca e storia si embricano. Nonostante l’annessione del 2014 sia stata rigettata dalle istituzioni internazionali occidentali, è evidente che i motivi dell’invasione russa in febbraio 2022 si colleghino ad essa; si collegano anche ai precedenti 60 anni di conflittualità latente USA-Russia, se si preferisce NATO-Russia, 6 con promesse tradite, falsità, provocazioni, mancate risposte, percepite umiliazioni, che il governo Putin ritiene di aver subito, o viceversa. Conflittualità crescenti dipendono dal fatto che – a prescindere dal peso psicologico che si vuole attribuire alla cosiddetta ‘sindrome da accerchiamento’ – l’Ucraina, enorme stato eurasiatico, sia oggi l’unico territorio ancora non occupato dalla NATO posto geograficamente – geo-politicamente di fronte alla Russia; e che essa sia fascia geografica di connessione tra Oriente e Occidente; che sia, per vie fluviali, fascia territoriale di connessione tra Nord e Sud Europa; che abbia grandi risorse (concentrate soprattutto nella propria parte orientale); infine, che comprenda un tal numero di centrali nucleari da renderla la terza potenza atomica mondiale.

A quest’ultimo riguardo, va ricordato che il 05 dicembre 1994 a Budapest l’Ucraina firmò un accordo per trasferire alla Russia tutte le proprie armi nucleari, ereditate dalla guerra fredda o meglio con il crollo dell’Unione Sovietica.

Cronaca, incerto presente, fatti in via di occultamento e definizione. Senza nulla togliere alla distruttività dell’aggressione russa del febbraio 2022, i motivi materiali dell’aggressione del 2022 sono chiari; i modi di una possibile tregua non si daranno mai senza il riconoscimento delle motivazioni sia materiali che culturali Russe, degli interessi, legittimi o meno, palesemente in campo.

L’offerta di compromessi e concessioni da parte dell’Ucraina e delle forze NATO che la sostengono alla Russia non è di per sé giusta, è potenzialmente però meno ingiusta di quella del presente e del passato ucraino, a prescindere che si consideri con neo-cinismo il compromesso una necessità ineludibile ad ottenere una tregua. Se il presente del mondo è gravido di effetti di enormi ingiustizie protrattesi secoli, una minore ingiustizia potrebbe realizzarsi in futuro senza perdita di vite e dignità umane ulteriori, a condizioni di reciproci riconoscimenti di antefatti, e di proposte politiche che aprano prospettive di un nuovo rapporto tra società aperte e chiuse.

Ciò potrebbe – e dovrebbe, di necessità – attuarsi nell’attesa che – in qualche decennio – nuove leggi autonomamente riscritte grazie ad un enorme rafforzamento dei tribunali internazionali, stabiliscano le regole rinnovate, nonché i torti e le sanzioni dei crimini orrendi fin qui perpetrati: dai Russi, dagli Ucraini, dall’Occidente, da qualsiasi Stato-Nazione o Federazione Gruppo terroristico o Istituzione violenta che li avesse commessi: non possono e non debbono essere esclusi a priori tali o tal altri sospettati e denunciati di crimini di guerra, un gran numero dei quali già denunciati.

Sui tribunali internazionali, una riflessione. Non va derisa né trascurata l’ipotesi che si stiano definendo da un lato, un diritto internazionale di matrice euro atlantica, con contraddizioni crisi e dibattiti interni propri; dall’altro, un diritto internazionale diverso, di matrice russo-orientale; e che questi due ordini di diritti siano poco compatibili. Lo diverranno sempre meno se non si apre un dialogo autentico al riguardo, senza porre limiti alla sua durata e all’esito istituzionale.

La politica potrebbe tornare ad avere dignità (finalmente un poco!) se si è in grado di ammettere non solo e non tanto che essa è un’Arte – o un insieme di arti e mestieri – indipendente, cosa ovvia, ma che è riduttivo definirla ‘arte del possibile’. L’arte del possibile è importante in politica, ma del tutto marginale rispetto ad altre arti a corollario, da riscoprire, indipendenti dal denaro e da altre implicazioni opzionali. L’arte di convenire sugli avvenimenti accaduti in passato e quella di rispettare solennemente la parola data, potrebbero essere i due più importanti e cruciali elementi chiave per cambiare in meglio, svincolando maggiormente la politica dall’economia: dovrebbero diventare una priorità rispetto a tutti gli altri criteri di riferimento, politici ed economici, ed imporsi in una global-transparency, quanto meno in una serie di prime dichiarazioni congiunte tra belligeranti in tregua.

Queste considerazioni rendono lecita, secondo me urgente, la proposta Radicale di un allargamento dell’associazione mondiale delle democrazie. E di un nuovo statuto mondiale condiviso delle democrazie.

Questo, a mio parere, potrebbe prevedere di cambiare inscrivendo nella definizione di ‘democrazia’ non solo il rispetto del diritto umanitario internazionale, ma il riconoscimento dei crimini ambientali e dei diritti dei viventi entro il territorio di ciascun Paese aderente allo statuto. In altre parole, non è più sufficiente oggi fare riferimento alla democrazia come all’unico metodo idoneo (37,39,40) per cambiare governo senza spargimenti di sangue in un territorio, è necessario che ogni luogo sia inscritto nel rispetto ambientale come cardine di riforma del diritto internazionale.

Un diritto umano che non rispettasse l’ambiente non sarebbe umano, e una democrazia che non rispetti i propri luoghi di vita non sarebbe sufficientemente civile né dovrebbe esser detta democratica.

E’ implicito che i diritti dei viventi si riferiscano a proposte giuridiche già esistenti e note, ad esempio quelle riguardanti i diritti degli animali (3); ma i reati ambientali, efferati in quasi tutte le guerre in atto, introducono una cruciale considerazione sui diritti di tutti gli esseri, umani inclusi, entro la biosfera considerata come unico macrosistema ecologico. Un nuovo statuto delle democrazie non sarebbe sufficiente oggi a modificare le società aperte, e quelle chiuse, verso un diverso diritto internazionale in difesa della biosfera.

Ucraina e Russia potrebbero per prime essere invitate a farne parte.

Analogamente, Ucraina e Russia potrebbero essere invitate ad entrare a far parte dell’Unione Europea. Nel rispetto di condizioni democratiche come sopra ri-definite: potenziamento di condivisione dei valori democratici e ambientale da parte dell’Unione Europea attuale, per farne una reale entità politica democratica a tutti gli effetti, non solo un’unione economico-finanziaria.

Nuovi crimini ambientali in ogni stato democratico dovrebbero essere sanzionati. E già nuovi crimini ambientali sono stati come noto perpetrati durante la guerra Russo-Ucraina, in diversi territori eurasiatici, che si aggiungono a quelli recenti già denunciati e documentati n nni recenti, ad esempio in Georgia ed in altre aree ex-sovietiche: non eliminano, aggravano le più dirette sofferenze umane, passate, presenti e future, del popolo russo, di quello ucraino e di tutti gli altri popoli: in termini ecologici russi e ucraini sono indubitabilmente, popoli fratelli e contigui, in preda alla stessa crisi planetaria.

Inciso. 

La questione dei fratelli è un po’ retorica: rinvia per analogia a Caino e Abele, meno facile sarebbe un richiamo alla fratellanza cristiana e meno ancora alla fraternité illuministica. La contiguità in termini di ecosistemi è comune problema biofisico meno discutibile di quello religioso e morale della fratellanza, e può diventare un riferimento etico nuovo, del tutto indipendente da criteri religiosi o ideologici. Caino e Abele devono collaborare per sopravvivere entrambi, per quanto possano odiarsi, e nello stesso tempo il sentimento dell’odio dimostra la sua colossale stupidità.

Per il popolo russo, sapendo che comporterebbe una grande rinuncia, accettare nuove articolazioni dello statuto mondiale delle democrazie potrebbe dar molto valore al tipo di democrazia che voglia essere l’Ucraina: un esempio: il governo Ucraino attuale o futuro potrebbe infatti fare – in cambio di una tregua che si può auspicare giunga presto e sia la più lunga possibile – la stessa cosa che fece Cruscev, un dono: in questo caso si tratterebbe di un contro-dono, da parte del governo democratico ucraino, della Crimea alla Russia. Una scelta del genere potrebbe forse consentire un’apertura effettiva di trattative.

E’ stato dato per scontato da (quasi) tutti e da mesi, per tutto il 2022 lungo il tam tam mediatico, che il parlamento Ucraino boccerebbe immediatamente una proposta del genere. Oggi io non so dare niente per scontato. Proporre, o riproporre un nuovo e diverso referendum democratico, come suggerito nel 2014 da Aleksej Naval’nj, è assurdo, paradossalmente ingenuo, lontano dalla realtà e dalla storia del popolo ucraino, e dagli interessi russi? Forse; è il momento di farla, di ri-chiamarla come gesto etico.

Un dono è segno di riconoscimento reciproco, di molto passato comune da rivisitare e studiare. Si aprirebbe – in realtà è sempre aperta, ed è intensificata una lotta di contraffazione in Russia – una sfida per gli storici, che sarebbe un argine alla distruttività, alla menzogna o all’oblio cui taluni dittatori immaginarono di poter costringere i pensieri che maturano nella mente dei propri governati.

Col perseguire un cessate il fuoco, una tregua, compromesso indispensabile prima della possibilità di una qualsiasi pace, si potrebbe convenire su questo: nessuna pace potrà ristabilire in breve una misura degna e sufficiente di giustizia per entrambi i popoli. Nessuna pace è mai stata facile e immediata come lo zapping e il cambio di canali televisivi.

Non sarebbe scontata alcuna giustizia nel momento in cui ci fosse tregua o anche pace. La conclusione orrenda della seconda guerra mondiale con Hiroshima e Nagasaki dovrebbe averlo insegnato. Io credo che questo valga a conclusione di qualsiasi conflitto, anche interpersonale e minimo, in cui la violenza abbia dominato.

Una tregua in Ucraina avrebbe enorme pregio non perché sarebbe giusta: sarebbe di sollievo e di salvezza per le vite delle Persone, aprirebbe un tempo di difficile riflessione, forse un dialogo, la definizione di quanto potrebbe essere giusto mezzo di riparazione alle violenze fin qui perpetrate. Ma un popolo africanobistrattato giustamente suggerisce,quanto oggi servirebbe per una autentica riconciliazione: UBUNTU 7.

Ubuntu for Ucranian and Russian, and all not only human Peoples.

Queste proposte paradossali e colossaline trascinano altre. L’accettazione da parte della Russia di entrare a far parte dell’unione mondiale delle democrazie potrebbe porsi in modo convincente a condizione che:

a) fosse riconosciuta dal governo ucraino l’esistenza di problemi di contenimento di un potenziale partito nazifascista nel Paese, per quanto di minore o minima entità vengano giudicati; che tipo di democrazia possa diventare l’Ucraina in futuro non è un problema minore e le condizioni di ingresso in Europa dell’Ucraina non dovrebbero essere scontate, semplicemente perché si tratta di un Paese e di un popolo aggredito in modo criminale;

b) venisse accettata dal governo russo la proposta di liberare immediatamente Aleksej Navalnji.

Si può dar per scontato che la risposta Russia sia di rifiuto, derisione, o peggio in proposito, che verrebbe chiamata in causa una violazione del diritto di ingerenza in affari interni dello Stato russo. Stando al diritto internazionale vigente questo è vero. Non è però un motivo per non fare la proposta dato il tempo di una guerrae di uno stallo paradossale – anzi è motivo per ripeterla, in quanto è già stata fatta nel corso del 2022, in modi peraltro mai correlati ad alcuna concessione;

c) il riconoscimento dell’annessione alla Crimea o di altri territori ‘passati con referendum’ secondo la posizione di Putin dovrebbero a mio parere essere considerati e reiterati, pur di ottenere un cessate il fuoco e una tregua provvisoria che garantisse un accesso al Mar Nero a risoluzione della sindrome da accerchiamento. Qualsiasi risposta russa avrebbe comunque il significato di mostrare una capacità delle democrazie di scendere a compromessi che oggi le democrazie non sembrano voler mostrare.

I belligeranti potrebbero definire condizioni per collaborare pacificamente in tutte le aree e i territori contigui all’Ucraina, come in tutti i luoghi del mondo che abbiano subito conseguenze della guerra Russo-Ucraina; un secondo referendum democratico trasparente (normale, disse nel 2014 Naval’nyl), si potrebbe ripetere in Crimea e nelle altre aree di invasione/annessione Russa, durante il cessate il fuoco, in presenza di delegazioni di tutti gli Stati e le comunità democratiche, ce potrebbero vigilare: Ucraini, Russi, Turchi, Cinesi, Iraninani, Africani, Nord e Sud Americani, una delegazione dell’Onu ed una in rappresentanza Europea scelte democraticamente, potrebbero essere ammesse a testimoniare e validare i risultati del/dei nuovi referendum;

in caso di voto a favore del referendum ucraino (punto 2), che le minoranze russe di residenti in Ucraina possano liberamente continuare e risiedere in Crimea, trasferendosi nella penisola e viceversa, che minoranze ucraine possano se lo desiderano, risiedere in Russia; la garanzia di contro, in caso di voto contrario al dono dell’Ucraina, che dette minoranze abbiano comunque modo di trasferirsi liberamente, in sicurezza, in qualsiasi altro territorio tra quelli dei Paesi aderenti allo statuto mondiale delle democrazie;

l’accettazione della democrazia in Russia, o di una riforma democratica, pur improbabile, potrebbe risultare credibile e garantita come sopra scritto non solo attraverso la liberazione ma attraverso l’impegno e il giuramento dell’incolumità, tutt’altro che scontata, di Aleksej Navalnji, di sua moglie e dei suoi familiari.

Risposte russe favorevoli porterebbero alla cessazione di ritorsioni russe relative alla questione del grano, del gas, e altre, cause di molte vittime incolpevoli in lontane parti del mondo.

Condizioni che chiarissero nuovi confini provvisori consentirebbero di rinnovare diversamente collaborazioni tra Occidente e Oriente, Nord e Sud del mondo, avrebbero riverberi globali immediati, ed uno statuto mondiale delle democrazie potrebbe cambiare le regole etiche di scambi di beni in base ad articoli dello statuto votati a maggioranza dai i Paesi aderenti, senza veti di alcun Paese, con l’impegno di tutti i Paesi a rispettare l’esito delle votazioni.

Un nuovo statuto delle democrazie provvisorio sarebbe in tal modo collegabile con l’urgente revisione dei termini del diritto internazionale, ma potrebbe avvenire più rapidamente di una rifondazione e riformulazione di criteri giuridici globali, che richiederebbe anni.

Condizioni a rinforzo delle proposte di cui sopra, contro firmabili da quanti più Enti e Stati possibili, inclusa una delegazione Europea sganciata dalla sudditanza USA e da qualsiasi altro inutile conformismo, potrebbero essere le seguenti:

  1. l’impegno dell’unione mondiale delle democrazie alla riforma del diritto internazionale, al potenziamento con almeno raddoppio del sostegno finanziario dei tribunali internazionali sui crimini contro l’umanità, e ad includere risposte prioritarie sul tema del neo-nazifascismo in Ucraina e in Russia;
  2. l’impegno a far sì che lo sterminio per fame nei Paesi africani e in tutti i Paesi più poveri diventi reato grave imputabile ai singoli governi e governanti coinvolti, sia in tempi di guerra che di pace;
  3. l’impegno a scongiurare i casi in cui popolazioni ed etnie più piccole e fragili siano a rischio di estinzione, costituendo un progetto Atlante a tutela dei popoli in via di estinzione e una rete di supporto la più fitta e ricca possibile;
  4. l’impegno ad un ‘rientro dolce’ del problema demografico, da ridefinire come prioritario in tutte le nazioni e le comunità aderenti o meno allo statuto delle democrazie, come regola prima di rispetto ambientale;
  5. l’impegno della democrazia Ucraina ad essere democrazia esemplare e neutrale: è ragionevole auspicare che essa si autodetermini a restare Stato indipendente, democratico, parzialmente sovrano come tutti gli altri Stati contemporanei, senza entrar mai a far parte della NATO, diventando in tal modo garante di futuri equilibri pacifici in Eurasia; ovvero di diversi e migliori rapporti tra NATO e Russia,
  6. l’impegno ad una riforma radicale dell’ONU, modificando i criteri di voto verso un maggior rispetto e riconoscimento anche delle risoluzioni assembleari dell’ONU: urgente sarebbe tra l’altro, oltre alla cessazione o limitazione delle spese di rappresentanza, e delle ridicole auto blu con gli hotel a 5 stelle, la cessazione del veto da parte di qualunque Stato membro delle Nazioni Unite per la validazione delle risoluzioni future del consiglio di sicurezza; è evidente che la classe politica attuale in tutto il mondo costituisca una ricca oligarchìa, le cui spese andrebbero per statuto e e per diritto internazionale meglio notificate ai propri popoli e fortemente ridimensionate;
  7. la cessazione delle sanzioni europee in Crimea potrebbe essere una risposta immediata all’accettazione russa di quanto proposto, cui spetterebbe un impegno europeo a cessare sanzioni di ogni partner democratico non corrotto verso la Russia, avviando radicalmente nuovi progetti in partnership pubblico-privato di difesa ambientale in Ucraina e in Russia, di sostegno medico-sanitario, in primis la messa in sicurezza della centrale di Zaporiska 8 la più grande centrale nucleare europea giudicata a novembre 2022 come a rischio dalla IEA; la collaborazione tecnica ed economica in un percorso nuovo di riconoscimento reciproco di sovranità limitate potrebbe essere costruita da un diritto internazionale rifondato e condiviso, una parola alla volta, riprendendo un progetto di disarmo sia delle armi nucleari che delle convenzionali;
  8. ogni stato al mondo comincerebbe a rinunciare a una parte della propria sovranità nazionale per costruire una più pacifica convivenza in direzione di una pace perpetua; tra le condizioni chiave, l’impegno politico inter-statale alla ridefinizione dei criteri di controllo del mercato e del mercato nero delle armi, nucleari e non; la conversione delle armi atomiche potrebbe consentire la costituzione di centrali nucleari energetiche e civili;
  9. la collaborazione tecnica ed economica in euro-asia potrebbe prevenire i danni ed i reati ambientali rispetto alla delicata questione ecologica del permafrost della siberia e a quelli dello scioglimento dei ghiacci ai poli, in un progetto globale di preservazione delle biodiversità quanto possibile.

Tutto questo è tanto paradossale e utopico da far prevedere che la maggior parte degli stati democratici attuali, non solo la Russia o l’Ucraina, non sottoscriverebbe; sarebbe tuttavia meno dispendioso, in termini di dignità umana, biologici, forse persino economici, nel lungo termine, di tante altre proposte politiche dominanti in corso, che sono direttamente o indirettamente azioni distruttive, e in quanto tali guerrafondaie.

In caso esista reale volontà politica in direzione di una tregua la meno ingiusta possibile, sarebbe ovvio muoversi in queste o in simili, anche meglio immaginate ed espresse, direzioni.

Le idee buone non muoiono mai, la guerra invece si dovrebbe proprio abolire.

Le speranze, quasi mai.

Bon 2023 à tous le monde.

MARCELLA, CAVALLA PAZZA
  1. D Lessing Le prigioni che abbiamo dentro. Cinque lezioni sulla libertà, edizioni Minimum fax, 2003;
  2. Carteggio Einstein-Freud Perchè la guerra?, 1932, traduzione italiana rintracciabile e scaricabile on line;
  3. S Cagno Dai diritti dell’uomo ai diritti dell’animale, Modern Publishing 2009;
  4. G Strada Pappagalli verdi. Cronache di un chirurgo di guerra Feltrinelli 1999;
  5. G Strada e R Satolli Zona rossa Feltrinelli 2015;
  6. G Strada Una persona alla volta Feltrinelli 2022;
  7. G Strada Si può solo abolire – Report di Emergency 1994-2015;
  8. H Arendt Vita activa. La condizione umana prima edizione originale 1988 – prima edizione italiana Bompiani 1998;
  9. I Berlin La Libertà e i suoi traditori Edizioni Adelphi, 2006;
  10. R Scandroglio, Annotazioni di Biologia cellulare, Edizioni, 1980;
  11. Michel Serres Le contrat naturel, Paris 1990 – trad.it. Il contratto naturale prima edizione it. 1992 Feltrinelli;
  12. Michel Serres  Le gauche boiseux. Puissance de la pensèe, Paris 2015 – trad.it. Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, prima edizione it. 2016 Feltrinelli;
  13. W B Irvine Del desiderio. Che cosa vogliamo e perché, cap. 9 Gli eccentrici, Donzelli editore 2006;
  14. A Elliott e C Lemert Il nuovo individualismo. I costi emozionali della globalizzazione PB Einaudi, 2006;
  15. E Fromm Anatomia della distruttività umana prima edizione originale 1973 – prima edizione Oscari
  16. Mondadori 1975;
  17. Richard Wrangham Il paradosso della bontà. La strana relazione tra convivenza e violenza nell’evoluzione umana, ultima pagina; prima edizione italiana Bollati Boringhieri 2019;
  18. M Hagglund Questa vita. Finitezza, socialismo e libertà, prima edizione originale 2019, prima edizione italiana 2020 Neri Pozza;
  19. M Gandhi Teoria e pratica della nonviolenza Einaudi, prima edizione 1951;
  20. J van Lawick-Goodall Assassini innocenti prima edizione italiana 1973;
  21. J van Lawick-Goodall L’ombra dell’uomo prima edizione originale 1971, prima edizione italiana Rizzoli 1974;
  22. H Jonas Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà della tecnica prima edizione originale 1979, prima edizione italiana Einaudi Paperbacks Filosofia 1990;
  23. H Jonas Tecnica medicina ed etica prima edizione originale 19, prima edizione italiana Einaudi Paperbacks Filosofia 19…;
  24. H Jonas Organismo e libertà. Prima edizione italiana Einaudi ;
  25. J Rifkin Guerre del tempo. Il mito dell’efficienza e del progresso e lo sconvolgimento dei ritmi naturali prima edizione originale 1987, prima edizione italiana Gruppo Fabbri Bompiani Sonzogno 1989;
  26. A Schweitzer Filosofia della civiltà prima edizione originale 1921, prima edizione italiana 2011;
  27. U Veronesi Abbiamo fatto tanta strada Edizioni Corriere della sera 2015;
  28. P Hassner Relire Aron apres la Guerre Froide, in Exprit, 2005, pg.195;
  29. R Toscano La violenza, le regole Einaudi le vele, 2006;
  30. W Sofskj Il paradiso della crudeltà. Dodici saggi sul lato oscuro dell’uomo, Einaudi 2001;
  31. W Sofskj Saggio sulla violenza Prima edizione italiana 1999;
  32. H G Frankfurt Stronzate, Rizzoli 2005;
  33. H G Frankfurt Il piccolo libro della verità, Rizzoli 2007;
  34. F Mini Soldati Einaudi le vele, 2008;
  35. F Bini Perchè siamo così ipocriti sulla guerra? Chiarelettere editore 2012;
  36. H G Frankfurt  Sulla disuguaglianzaprima edizione italiana 2017;
  37. AAVV La russia cambia il mondo Limes rivista italiana di geopolitica 2022;
  38. P Haberle Diritto e verità prima edizione originale 1995, prima edizione italiana Einaudi 2000;
  39. K Popper La società aperta e i suoi nemici, 2 voll. I Platone totalitario, II Hegel e Marx falsi profeti, prima edizione originale 1945;
  40. K Popper Logica della scoperta scientificaEinaudi, prima edizione italiana 1970;
  41. K Popper Tutta la vita è risolvere problemi Scritti sulla conoscenza la storia e la politica prima edizione italiana Rusconi 1996;
  42. I Kant Per una pace perpetua _ testo italiano rintracciabile on line;
  43. B Croce Filosofia della pratica. Economia ed Etica Laterza prima edizione 1932;
  44. B Croce Etica e politica Laterza 1950;
  45. Kelsen Il problema della giustizia Einaudi 1998;
  46. J Rawls Una teoria della giustizia Feltrinelli 1998;
  47. N Bobbio Il problema della guerra e le vie della pace prima edizione italiana Il Mulino 1979;
  48. D Zolo Chi dice umanità. Guerra,diritto e ordine globale, Einaudi 2000;
  49. U Beck Tutto il bene e tutto il male di cosmopoli. Dialogo sulla globalizzazione, Reset 1999.

NOTE BIBLIO e SITOGRAFICHE

NOTE A PIE’ DI PAGINA:

  1. Si veda in proposito, ad esempio, i testi di Thomas Nagel e di Salvatore Veca.
  2. William B.Ivine Del Desiderio.Cosa vogliamo e perchè, cap.XII, pg.219-236: Gli eccentrici, Donzelli editore srl 2006;
  3.  William B Irvine, Ibidem.
  4. L’importanza del tema a cui mi riferisco è ben espressa dal titolo del libro di Amartya Sen ‘Identità e Violenza’, 2006.
  5. Vedi in Bibliografia …
  6. NATO = North Atlantic Treaty Organization, istituita sotto egida USA nel 1949, con adesione di 11 Stati occidentali, cui se ne aggiunsero, fino a un totale di 28 nel 2009;
  7. Il termine Ubuntu, derivante da lingue Zulu e /o Bantu, dalla cultura di diversi popoli dell’Africa sub-sahariana, può essere approssimativamente tradotto con ‘umanità verso gli altri’. Ha un significato filosofico complesso, esprime l’idea secondo la quale tutto ciò che noi siamo come individui è frutto della vita di una moltitudine di altre Persone, e questo costituisce il motivo per cui ciascun essere umano contiene in sé legami indissolubili con una enorme rete di altri esseri senzienti, ed è quindi traducibile anche con : ‘io sono (se e) poiché noi siamo’. Si riferisce in realtà anche ad un processo sacro, e ad un rituale comunitario di riconoscimento reciproco, che richiede, in particolare di fronte ad accadimenti drammatici, confessioni pubbliche. Tale riconoscimento dev’essere partecipato e collettivamente ri-formulato perché la/le comunità stesse possano rinnovarsi e sopravvivere in armonia col/nel mondo.
  8. E’ la più grande centrale nucleare europea, ed è stata giudicata nel novembre 2022 come sistema complesso ad alto rischio di disastro ambientale dalla IEA (IEA = ).

Franco

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Foto: Ministero dell'Interno ucraino

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